Palazzo Loreti è un antico palazzo appartenente ad una ricca famiglia del Settecento ed è uno dei gioielli architettonici e storici del comune in provincia di Potenza. Il palazzo oggi è sede del municipio e non mancano spazi che sono stati adibiti a museo. Tra questi ricordiamo il Museo Archeologico che raccoglie una selezione dei reperti più significativi rinvenuti durante le campagne di scavo condotte dalla Brown University tra il 1966 e il 1967 e dall Università di Napoli tra il 1987 e il 1988. A partire dal 1997 tra i locali di Palazzo Loreti è possibile visitare anche il Museo della Civiltà Contadina allestito dai Servizi Sociali del comune di Satriano di Lucania. Il primo spazio espositivo della piccola struttura museale segue il modello della fedele ricostruzione di un’abitazione contadina di tipo tradizionale che era insieme cucina camera da letto e ricovero per gli animali mentre il secondo ambiente è dedicato all’esposizione degli oggetti del lavoro contadino. Gli oggetti donati dagli anziani del paese sono stati tutti inventariati e per ogni uno di essi è stata individuata la denominazione locale.
Palazzo Barletta a San Chirico Raparo in provincia di Potenza si presenta come la più nota pregiata e imponente costruzione civile del paese. La struttura risale alla fine del XIX secolo dispone di ampi spazi articolati su tre livelli l esterno mostra uno stile classicheggiante con finestre e balconi architravati con timpani triangolari e curvilinei alternati e richiama alla mente antiche vestigia della famiglia Barletta tra le più note di Basilicata. L ingresso caratterizzato da un grande portale ad arco immette direttamente in un ampio cortile circondato da un loggiato con arcate su due piani. Nel Palazzo furono ospiti assidui Gertrude Robinson Matilde Serao e Nicola Sole che qui frequentò a partire dal 1836 gli studi medici da cerusico presso la scuola fondata da Vincenzo Barletta. L interno purtroppo è oggi spoglio ma è in progetto un intervento di restauro per adibire il palazzo a museo con un ampia sezione dedicata all abbazia di Sant Angelo al Raparo e al monachesimo italo greco.
Casino della Contessa chiamata anche Villa dei Cutinelli Rendina si trova risalendo la collina situata oltre la recinzione di Campomaggiore. La villa si trova nel punto più alto della zona e fu costruita lì per due motivi ben precisi ma molto diversi tra loro. Una prima storia racconta che la villa fu costruita dai nobili Rendina proprio in quella zona per approfittare del clima gradevole lì presente durante la stagione estiva una tesi avvalorata anche dalla presenza di una nivera artificiale in cui si conservava il ghiaccio tutto l’anno. Una seconda storia invece racconta che i Conti Rendina decisero di vivere in una struttura posizionata così in alto per poter meglio controllare gli operai al lavoro e punirli prontamente in caso di poco impegno nelle attività. La villa in s è molto semplice. Si tratta di una residenza di campagna piuttosto sobria con una fortificazione a torre ellittica nella zona posteriore con un grande finestrone. La facciata accoglie in corrispondenza del piano terra un avancorpo con nove fornici archivoltati a tutto sesto di cui i tre centrali sono definiti da un ulteriore oggetto che si replica al piano superiore distinto da una serie di nove finestroni in stile neoclassico con frontoni tagliati. Nell’ottobre del 2012 il Casino della Contessa ha ottenuto lo scudo blu ovvero un emblema internazionale per la protezione dei beni culturali ma nessun progetto di recupero è ancora partito purtroppo. Il comune si impegna per cercare di ottenere fondi per salvare questo autentico gioiello assolutamente da riscoprire.
Il palazzo risalente al XVII secolo fu costruito su un antico fortilizio longobardo in una posizione dominante e di grande suggestione ambientale. Nel tardo Seicento l’intero edificio ha subìto un’opera di rimodulazione con l’ampliamento degli ambienti posti ad est e la costruzione del portale d’ingresso e della balconata impreziosita da colonnine lavorate. L’immobile a seguito delle leggi di risanamento dei Sassi fu svuotato dei suoi originari abitanti ed è stato per oltre trent’anni disabitato e non utilizzato. Negli anni ’70 una parte della struttura venne acquistata dall’artista spagnolo Josè Ortega il cui obiettivo era far lavorare insieme artisti e artigiani. Dopo la sua morte quindi i suoi eredi hanno autorizzato la donazione del palazzo alla Fondazione Z tema con il vincolo di destinazione museale. Oggi il progetto della Casa Ortega intende testimoniare la presenza a Matera del grande artista spagnolo Josè Ortega e favorire la riscoperta della tradizione artigiana. Il palazzo ospita venti bassorilievi policromi che il pittore iberico realizzò nel 1975 nella Città dei Sassi utilizzando la tecnica artigianale locale più popolare e più emblematica: la cartapesta. I venti bassorilievi divisi nelle due serie narrative Passarono e Morte e nascita degli innocenti costituiscono il filo conduttore di un progetto culturale che vuole mettere in evidenza il legame tra arte e artigianato. Per rimarcare tale fecondo rapporto gli ambienti arredati secondo un’ideale destinazione d’uso domestica sala da pranzo camera da letto soggiorno cucina sono impreziositi da mobili e decorazioni realizzati da artigiani locali. Tali pregevoli manufatti incorniciano le opere del maestro spagnolo creando così un dialogo che si impone agli occhi del visitatore per l’armonica naturalezza con cui le parti interagiscono. www.casaortega.it
Palazzo Megale venne edificato nell’anno Mille ma raggiunse il suo massimo splendore nel 1700 quando il conte Giovan Battista Megale ordinò la realizzazione della cappella gentilizia esterna e una cappella interna dedicata alla Madonna del Rosario. Il palazzo vero monumento architettonico medievale presenta elementi di arredo risalenti al Primo Novecento e un piacevole impatto si ha alzando lo sguardo verso lo splendido soffitto affrescato dove campeggiano i dipinti con soggetto le Belle Arti nei medaglioni ai quattro angoli. La facciata presenta un bellissimo balcone in pietra con ringhiera in ferro battuto decorata da motivi floreali dichiarato patrimonio dell umanità. Di fronte c era l alloggio dei coloni che lavoravano la proprietà terriera dei signori. Oggi l ingresso principale si trova dove un tempo era la foresteria ed immette nell abitazione dove vive la famiglia Altieri discendente dei conti Megale. Tra i vari ambienti che costituiscono il palazzo spicca in particolare il salone di ricevimento dove nascosta da un finto armadio vi è la cappelletta privata. Attualmente palazzo Megale è in fase di ristrutturazione a causa dei danni subiti nel terremoto del 1998. Gli stemmi sono mancanti perch messi in custodia dagli stessi proprietari per scongiurare il pericolo di furti.
Palazzo Rondinelli è uno dei più significativi palazzi gentilizi di Montalbano Jonico è collocato nei pressi di Porta Castello e fu edificato nel 1683 dalla famiglia De Roberti. Nell Ottocento fu ristrutturato in chiave vagamente neoclassica e appartenne prima alla famiglia Rondinelli e infine dal 1861 divenne sede del comune di Montalbano. Negli ultimi anni questo storico palazzo è stato riaperto al pubblico e ciò ha restituito alla comunità la fruibilità di quello che costituisce una parte rilevante del complessivo patrimonio culturale della città. Con la sua riapertura ha ritrovato giusta collocazione l’Antico Fondo della Biblioteca F.Rondinelli che raccoglie 15 mila volumi di inestimabile valore storico che coprono un arco temporale dal 1501 ai primi decenni del 1900. L’antico fondo della biblioteca di Montalbano confluisce contribuendo all’arricchimento in un polo regionale che connette 35 biblioteche di rilevanza in cui sono catalogate più di 400 mila documenti. All interno del palazzo è possibile ammirare anche una piccola pinacoteca con ritratti di uomini illustri di Montalbano e numerosi reperti storici e archeologici.
Palazzo Marchesale sorge al centro del paese vicino alla chiesa di Sant’Antonio. Venne costruito dal Marchese Filippo Maria Donnaperna tra il 1773 e il 1778. Nel 1836 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Massarotti e ne fu in possesso fino agli anni del dopoguerra periodo in cui fu diviso in più unità abitative e ceduto a privati mentre solo recentemente le varie amministrazioni hanno cercato di recuperare gran parte dei locali. Oggi infatti il Comune di Pomarico detiene il 70 circa della proprietà del palazzo. Il palazzo è a pianta quadrangolare e l’accesso al è consentito dalla presenza di due imponenti archi: uno posizionato a nord est e l’altro a sud ovest rivestiti in marmo travertino. Secondo alcune ipotesi in origine questi varchi erano chiusi da grandi porte in legno che trasformavano il Palazzo in un vero e proprio fortino. Provvisto di una corte centrale anch’essa di forma quadrangolare il Palazzo si sviluppa su tre piani ben distinti. Il piano terra caratterizzato da locali di servizio adibiti a stalle ricoveri depositi e granai. L’ala del primo piano a sinistra dell’ingresso destinato probabilmente alla servitù oggi ospita il Museo della Civiltà Contadina mentre il secondo piano è caratterizzato da una serie di stanze private e di rappresentanza. La facciata esterna del Palazzo è scandita sui quattro lati da una serie di finestre mentre la facciata esposta a sud ovest è caratterizzata anche dalla presenza di una balconata il che avvalora l’ipotesi che si tratti della facciata principale. Al piano terra della facciata si riscontra la presenza di altri due importanti ingressi a destra e a sinistra che portavano rispettivamente alla cappella e al teatro del Palazzo. Al piano signorile si accede attraverso una imponente scalinata la quale negli ultimi anni è stata interessata da un imponente restauro. Dalla grande sala di disimpegno si accede ad una serie di sale comunicanti fra loro e al salone delle feste detto anche Salone rosa così chiamato per via del colore che ne contraddistingue la decorazione. Questo salone è dotato di una volta dipinta a tempera scandita da riquadri speculari alcuni decorati con motivi a grottesca altri con paesaggi non realistici ma studiati dal vero. Le decorazioni rispecchiano il gusto figurativo degli ultimi anni del 700 e il primo decennio dell’800 derivanti dalla tradizione pittorica paesaggistica napoletana. Le pareti erano verosimilmente rivestite da sete e broccati di produzione locale ipotesi giustificata dalla presenza sul territorio da una fiorente industria della seta considerata tra le maggiori produzioni della Fabbrica di Manifattura della seta di S. Leucio istituita da Ferdinando IV di Borbone nella seconda metà del 700. In successione si sviluppano una serie di ampie camere le cui volte presentano delle decorazioni ad affresco o stuccate secondo il gusto tipico dell’epoca. L’ampia zona del Palazzo che non è stata interessata dal recente restauro presenta anch’essa delle ampie camere dove ancora sono riscontrabili i decori a stucco che ne caratterizzavano le decorazioni. Il Salone delle feste è preceduto da una anticamera detta Stanza delle Muse che prende il nome dalla decorazione della volta divisa in riquadri all’interno dei quali sono raffigurate le muse della mitologia panneggiate all’antica e rappresentate con i simboli loro attribuiti.
La torre normanna di Craco è una fortificazione risalente circa al 1040. In epoca normanna Craco era una pertinenza della diocesi di Tricarico. Nel luglio 1128 il paese venne occupato dall esercito di Ruggero duca di Puglia e figlio di Roberto il Guiscardo secondo quanto riportato nel Catalogus baronum il borgo apparteneva a Erberto. Il castello probabilmente era già stato edificato in questo periodo. Il 29 dicembre 1239 nel castello vengono rinchiusi dei prigionieri longobardi per ordine di Federico II di Svevia. Nei primi anni del 1800 la torre è annessa all adiacente palazzo dell ex duca Francesco Vergara che passò poi ai Maronna e infine al Comune di Craco il quale lo utilizzò come serbatoio idrico. Da una finestra del bastione è possibile ammirare le sconfinate praterie della Basilicata e i famosi calanchi silenziosi guardiani un capolavoro dipinto dalla natura incorniciato in quella finestra di pietra. La torre è letteralmente una sopravvissuta. Le frane e agli smottamenti che nei secoli hanno sventrato il borgo non l’hanno scalfita. Nel 2012 la torre è stata restaurata.
La Villa del Prefetto a Potenza sorge in prossimità di P.zza Mario Pagano ed è un’oasi verde nel cuore della città. Questo giardino è annesso al Palazzo della Prefettura e appartiene alla Provincia di Potenza. Villa del Prefetto sorge dove un tempo c’era il giardino del Convento di San Francesco su un’area in forte pendio. La villa venne edificata nell’Ottocento su terrazze collegate da sentieri scalinate simmetriche curvilinee o rettilinee che conducono a terrazze panoramiche e successivamente modificata nel 1934 quando viene trasformata in una villa strutturata secondo lo schema dei giardini all’italiana rinascimentali. La circonda un parco formato di viali alberati di aceri ippocastani magnolie frassini e cedri. Cuore del giardino è una antica fontana. Verso la metà degli anni Sessanta il parco viene aperto ufficialmente al pubblico. Rimasta in seguito chiusa a lungo per motivi di manutenzione è stata riaperta da alcuni anni grazie alle associazioni cittadine. Oggi è luogo di numerosi eventi in occasione del Maggio potentino delle celebrazioni in onore del Santo Patrono San Gerardo di installazioni ed eventi musicali.
La particolare morfologia di Irsina caratterizzata da uno spesso strato di sedimenti alluvionali che sovrastano formazioni di argilla impermeabili ha determinato la formazione di numerose e ricche sorgenti che sgorgano a poca distanza dal centro storico. L’abbondanza di acqua ha favorito la nascita degli insediamenti umani e la collocazione in prossimità delle sorgenti dei monasteri al di fuori del paese. Fin dal medioevo la comunità locale ha operato per aumentare la disponibilità di acqua potabile canalizzando le sorgenti e realizzando abbeveratoi e fontane. Gli abitanti si sono impegnati per razionalizzare i sistemi di ricezione delle acque realizzando quindi fontane alimentate da una rete di cunicoli i bottini. Sono dei cunicoli sotterranei con volte a botte di qui il termine bottini scavati a mano nella roccia che si sviluppano in gallerie e vasche di raccolta dell’acqua e che drenano le acque sotterranee raccogliendole. I bottini riforniscono la grande fontana di via delle Puglie sulla strada statale che collega Irsina a Gravina e Matera. Nello strato inferiore presentano meandri di cunicoli percorribili ad altezza d’uomo. Le gallerie seguono l’andamento della falda e le vasche di accumulo e di decantazione consentono il deposito della notevole quantità di calcare presente nell’acqua alimentata dalle sorgenti sotterranee e dal continuo gocciolio attraverso le fessure del terreno. Un sistema di aerazione costituito da calotte fa aumentare la tensione superficiale delle pareti e favorisce la captazione delle acque che vengono convogliate verso la fontana esterna. Allo stesso livello stratigrafico della Fontana sulla strada che porta a Grassano si trova la fontana abbeveratoio di Festole proveniente da una vasca di raccolta in cui si decanta dopo essere fuoruscita da un pozzo collettore in cui il livello dell’acqua si mantiene costante. Altre fontane che servivano sia da abbeveratoio che per lavare i panni sempre di acqua sorgiva si trovano in zona Peschiera fontana Peschiera e verso il cimitero dopo porta Arenacea. Il sistema Bottini costituisce un enorme patrimonio rupestre per il territorio di Irsina le cui prime notizie certe si ritrovano in una pergamena del 1436 in cui si fa riferimento alla monumentale Fontana nota come Le dodici fontane alimentata proprio con il sistema dei bottini.