Edificio molto singolare per gli abitanti del comune lucano è noto come il carcere . Esso si presenta come una fortezza su due livelli con mura di cinta e feritoie. Edificato nel XVI sec. secolo come Grancia del convento di frati francescani di S.Maria degli Angeli di Atella per lungo periodo fu adibito a carcere prima dai Borboni poi dallo Stato. Dopo alcune opere di consolidamento e restauro la struttura ospita oggi molte manifestazioni culturali ed è sede del Museo del Brigantaggio. Il piano terra ospita una biblioteca con volumi sul brigantaggio nella ex cella dei detenuti ammalati c’è uno spazio proiezioni e dibattiti. Al primo piano la sala Briganti e nell’ex cella per le detenute donne un’ampia sezione dedicata alle brigantesse. Gli spazi dove erano rinchiusi i detenuti per piccoli reati ospitano invece la sala intitolata a Carmine Donatelli Crocco tra i più noti e discussi briganti italiani del Risorgimento. Infine il museo ospita la cella di rigore che raccoglie incisioni e graffiti.
Craco situata tra l’Appennino lucano e il mar Jonio e distante 50 km da Matera è una suggestiva e spettrale città fantasma. Nel 1963 una frana costrinse i suoi abitanti a rifugiarsi nel nuovo comune di Craco Peschiera e Craco vecchia ormai abbondonata è diventata negli ultimi anni una meta turistica molto amata da visitatori di ogni parte del mondo. Craco è il simbolo di come una tragedia sia stata trasformata in risorsa la morte urbanistica in vita civile la solitudine spettrale in aggregazione di massa. L’interesse di tanti visitatori ha portato alle creazione del Museo Emozionale di Craco MEC allestito nell’antico monastero di San Pietro che include una sala proiezioni e un archivio digitale storico cinematografico e della memoria. Oggi a Craco c’è anche un Atelier dell’arte e del Cinema sorto nell’ex scuola dove è possibile prendere parte a laboratori d’arte del cinema nonch degustare prodotti tipici. Vi è anche una foresteria di supporto per le attività artistiche creative. Per visitare il paese in sicurezza sono stati creati due percorsi. Dal corso principale del paese si raggiunge il centro della città fantasma: nel percorso si incontrano diversi palazzi nobiliari attorno a cui si espandeva il borgo nel XV secolo. Fra questi spicca Palazzo Grossi situato nei pressi della Chiesa Madre che presenta affreschi a motivi floreali. Un altro edificio degno di nota è Palazzo Carbone uno storico palazzo di fine Quattrocento con un monumentale ingresso. Accanto a quello che un tempo era Palazzo Maronna svetta invece il torrione del XIII secolo che domina il paese. Gli abitanti chiamano questa struttura il castello: ancora oggi è possibile ammirarne l originale portale di ingresso e la torre. Da una delle finestre del bastione è possibile ammirare il paesaggio dei calanchi. In questa città fantasma notevole è anche il patrimonio artistico religioso che si può ancora osservare come il convento francescano con annessa la Chiesa di San Pietro Principe degli Apostoli edifici che risalgono al 1630. Della chiesa è rimasta in piedi la zona dell abside. Un altra struttura religiosa molto suggestiva è la Chiesa Madre dedicata a San Nicola Vescovo che presenta un ingresso monumentale e un maestoso campanile coperto da una cupola sormontata da maioliche. A nord del paese fantasma di Craco invece si trova invece la Chiesa della Madonna della Stella della prima metà del XVII secolo: di questo edificio oggi è ancora visibile l altare maggiore in marmo intarsiato la navata il presbiterio e la facciata esterna con una porta in legno intagliato.
La struttura risale al II sec a.C. e si compone di due ambienti adiacenti individuati come spazi di un complesso termale uno semicircolare e allestito con arredi e suppellettili di epoca romana ricostruiti con tecniche di archeologia sperimentale l altro rettangolare senza copertura. L esterno per la presenza della parete muraria in opus reticulatum e opus latericium racchiude un suggestivo valore architettonico. Sotto il selciato della stradina che conduce al fabbricato venne alla luce una pavimentazione a mosaico raffigurante un mitologico mostro marino. Al di là del suo valore architettonico sulla Casa di Orazio c’è da dire che nella sua veste di dimora del grande poeta essa esercita l importante ruolo di custode della memoria storica dei venosini.
La Fontana dell’Elefante a Rotonda è solo uno dei tanti capolavori del maestro Giuseppe Di Consoli l’ultimo scalpellino di Rotonda che sin dal 700 ha vantato la presenza sul territorio di numerosi maestri scalpellini. Rotonda si può definire un museo a cielo aperto poich il centro storico è disseminato delle opere del maestro Di Consoli. Il giro delle fontane potrebbe partire dalla Fontana del Leone per poi arrivare alla Fontana del Cristo e dell’Agnello. Tutte queste opere si ispirano alla vita passata quando nel paese ogni abitante aveva un animale come asino o pecora. Proseguendo nel cammino si incontra la Fontana del Bue a rappresentare Sant’Antonio patrono del paese. Altra opera è la Fontana del Muflone ribattezzata anche fontana del Cornuto dal nome del ponte che sorge nelle vicinanze. La Fontana dell’Elefante invece risale al 1999 e nasce per due motivi in primo luogo perch quel rione era senza fontana e secondo luogo in ricordo dello scheletro di elefante che venne rinvenuto negli anni ’80 del 900. Lasciando la fontana dell’Elefante si arriva alla Fontana del Faraone risale al 2003 e ogni figura qui scolpita rappresenta il mondo si va dal saggio cinese al soldato Inca passando appunto dal potere del faraone. All’interno di questa fontana è possibile scorgere anche un coccodrillo che affiora l’acqua e una rana che viene morsa da un serpente a simboleggiare la debolezza.
I calanchi sono una delle attrazioni più importanti da vedere nel comune di Aliano in provincia di Matera. Si tratta di un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno che si produce per l effetto di dilavamento delle acque su rocce argillose degradate con scarsa copertura vegetale e quindi poco protette dal ruscellamento: si tratta più semplicemente dei profondi solchi nel terreno lungo il fianco di un monte o di una collina. Tra il silenzio e il bianco accecante delle argille si potrà scorgere il volo dei rapaci e godere di un paesaggio bello e selvaggio.
La Gradinata Normanna si trova a Castelmezzano in provincia di Potenza nella parte delle Dolomiti Lucane che circondano il paese. Su una delle guglie dolomitiche è scavata nella roccia una particolare scala di 54 gradini che conduceva ad un posto di vedetta nei ruderi della cinta muraria dell’antico castello di Castrum Medianum cioè castello di mezzo da cui deriva il nome del paese di origine normanno sveva. Era il punto più alto dal quale la guarnigione militare sorvegliava la sottostante valle del Basento. Questa fortezza era posizionata a metà strada tra i castelli di Pietrapertosa e di Brindisi Montagna di cui oggi rimangono alcuni resti.
Caratteristiche di Venosa sono alcune fontane come la Fontana Angioina realizzata nel 1298 dedicata a Carlo I D’Angiò che qui soggiornò nel settembre 1271 e nel giugno 1272. Il monumento deve la sua origine al privilegio concesso alla città di Venosa da re Carlo II d Angiò nell anno 1298 con il quale tra le altre cose veniva istituito un corpo di ispettori locali incaricati della manutenzione della fontana e del controllo degli acquedotti che la alimentavano. La fontana sorge dove fino al 1842 si accedeva alla città attraverso la porta detta appunto fontana . Questo monumento si compone di un lungo abbeveratoio addossato a un muro alle cui estremità sono posti due leoni in pietra provenienti dalle rovine romane: il primo pressoch integro tiene sotto la zampa una testa di montone una parte di colonna romana posta al centro poco distante da essa e ventidue piuoli in pietra che la separano dalla piazza dove sorge il Castello Aragonese. La fontana così come oggi si presenta ai turisti è opera di un vistoso intervento di restauro e ripristino effettuato tra il 1851 e il 1853.
Non si hanno molte notizie su questo palazzo del comune di Genzano di Lucania quello che sappiamo è che forse le sue origini sono da far risalire al periodo angioino e che nel corso degli anni ha subito diversi rimaneggiamenti da parte delle famiglie che si sono succedute. Era la residenza estiva dei marchesi De Marinis. La struttura gravemente danneggiata dal terremoto del 1893 fu trasformata in un massiccio palazzo di tre piani destinato ad ospitare gli uffici pubblici e comunali fino al 23 novembre 1980 quando restò fortemente lesionato in seguito al sisma. Consolidato e restaurato negli anni 1987 1990 è ritornato ad ospitare gli uffici pubblici e Comunali nel 1995.
Lungo le vie del centro storico di Oliveto Lucano in provincia di Matera è possibile ammirare i caratteristici portali in legno delle cantine. Questi portali a moduli geometrici risalgono alla fine dell’800 inizi del 900 e sono stati realizzati da artigiani locali. Sicuramente la committenza è da far risalire alle famiglie facoltose dell’epoca visto il costo elevato che avevano. Il legno maggiormente utilizzato per queste manifatture era il legno di farna una quercia tipica della zona caratterizzata da una forte resistenza all’acqua e all’umidità. Gli alberi venivano tagliati in un periodo particolare dell’anno gennaio o agosto quando non erano in vegetazione. Una volta tagliato il tronco veniva suddiviso in lunghe tavole che venivano esposte al sole di giorno e ritirate dentro la notte per farle stagionare e disidratare. Per ogni portone servivano 5 tronchi 2 solo per il telaio. Da questo momento in poi il lavoro passava nelle mani del falegname o maestro d’ascia tagliava limava intagliava e rifiniva fino alla verniciatura finale con olio di lino. Le porte assumevano le forme più fantasiose in base anche alla volontà del committente. Esse venivano dotate di una particolare chiusura detta il cardo anch’esso opera di artigianato locale. Si tratta di un lucchetto particolare fissato alle due ante della porta con due chiavistelli in cui si inseriva la chiave. Questi portoni costituiscono una preziosa traccia di cultura dell’arte pastorale di intaglio del legno infatti sono registrati nell’Elenco del Patrimonio culturale intangibile della Basilicata. La sapienza che questi beni dimostrano interseca teoria e artigianato una manualità esperta che dall’800 incrocia le fasi lunari all’olio di lino all’habitat boschivo che circoscrive il borgo e alla scelta del legno più adatto a fronteggiare l’esterno delle abitazioni in cui i portoni venivano posti e ideati.
Nel comune di San Costantino Albanese in provincia di Potenza interessante è Palazzo Pace risalente al 700 e appartenuto alla famiglia Pace di Veniticalia. Secondi alcune ipotesi la costruzione del palazzo è da ricondurre ad una precedente struttura edificata dai Pignatelli principi di Noja. Il palazzo subì notevoli danni durante il terremoto del 1783 e questo ha comportato diversi rimaneggiamenti nel corso degli anni. Fino ai primi anni del XX sec. il palazzo conservava bei soffitti lignei affrescati cinquecenteschi con scene grottesche e mitologiche tra cui quello principale del salone che ricordava le Dodici fatiche di Eracle. Venduto dall’ultima erede della famiglia Menadora Pace di Venticalia il palazzo fu sede dell’asilo infantile gestito dalle suore basiliane e poi smembrato venne adibito ad abitazioni private. Si conservano ancora intatti l’imponente scalone di tufo che conduce alla loggia panoramica del terzo piano e la ricca cornice litica settecentesca del portone opera di maestranze locali sormontata dallo stemma di famiglia Pace che raffigura in campo d’azzurro due gemelli abbracciati reggenti in mano l’uno una stadera e l’altro una corona d’ulivo e sedenti sopra la frase in greco giustizia e pace si sono abbracciate tratta dal libro dei Salmi 85.11.