C’è una curiosità sulla Basilicata che molti ignorano e che i più non conoscono cioè che le fiabe più belle di tutti i tempi sono nate in questa terra piena di fascino e mistero. C’è un uomo dall’immenso estro letterario un poeta che ha influenzato i più grandi narratori di fiabe. Stiamo parlando di Giambattista Basile un cacciatore di fiabe nel vero senso della parola nel senso che lui aveva l’abitudine quando girava per i paesi della Lucania di reperire tutti i racconti locali che sono andati a confluire nel Lo cunto de li cunti una raccolta di 50 racconti in dialetto meridionale ispirate dai racconti di antiche storie che l’autore in viaggio tra la Lucania e la Campania amava ascoltare. L’opera venne pubblicata solo dopo la sua morte per volere della sorella Adriana Basile famosa cantante lirica che visse alla corte dei Gonzaga. Nel 1611 il Basile lavora come funzionario alla corte di Luigi Carafa principe di Stigliano e successivamente fu anche governatore di vari feudi per conto di alcuni signori meridionali ed è in questi anni che ha modo di conoscere la terra di Lucania e le storie popolari. Le rievocazioni di antiche leggende fatterelli storie di paese episodi magici accesero la fantasia del Basile che riuscì a trasformare le narrazioni in favole meravigliose. Giambattista Basile vissuto tra il 1566 e il 1632 governò la città di Lagonegro e completò la sua raccolta nel 1630 quando lavorò al servizio del Duca di Acerenza Galeazzo Pinelli all’epoca uno dei più grandi mecenati dell’arte e della scienza. La sua opera che vide la fine della sua stesura in questo piccolo borgo nacque dalla passione per la poesia e per la scrittura. Le fiabe trovarono diffusione in tutta Europa durante il 600 e i primi decenni del 700 e sono state tradotte e rielaborate da tutti i più grandi favolisti: Perrault Brentano e poi i fratelli Grimm che ne traggono spunto modificando luoghi e nomi. Tutti questi autori hanno preso spunto dal libro del 600 di Basile e infatti se confrontiamo il testo del Basile e il corrispondente testo tedesco o quello dei fratelli Grimm ci accorgiamo che sono una copia di quello originale. Però non esiste nessun manoscritto originale del Basile i manoscritti da cui tutto nasce non sono mai stati ritrovati. Da alcuni anni studiosi e storici stanno cercando di rispondere ad un complicato enigma su dove e quali sono effettivamente i luoghi nei quali sono ambientate queste fiabe. La Bella Addormentata nel Bosco chiamata dal Basile Dolcedorme si pensa fosse ambientata sul Monte Pollino poich la cima più alta del Pollino e di tutto l Appennino meridionale è così chiamata ancora oggi. Ninnillo e Nennella invece sono i cugini italiani dei più famosi e meglio conosciuti Hansel e Gretel. Esistono chiari riferimenti alla foresta di Acerenza dove è possibile visitare le case dell’orco con il famoso camino dove venivano cucinati i bambini. Nelle illustrazioni dei fratelli Grimm vengono riportate queste costruzioni megalitiche che però loro collocano nella Foresta Nera. Queste costruzioni poich isolate e con un sistema costruttivo alquanto particolare ed anomalo negli anni sono state oggetto di racconti e leggende che hanno visto protagonisti di volta in volta personaggi come orchi streghe e folletti. Tutti noi oggi conosciamo la fiaba di Raperonzolo ma in realtà la bellissima principessa dalle lunghe chiome si chiamava Petrosinella ed era rinchiusa nel castello di Lagopesole. Il suo nome deriva sia da prezzemolo la pianta che coltivava la strega e che la futura mamma della protagonista del racconto aveva rubato per soddisfare una voglia dovuta alla gravidanza sia da pietra ed ancora oggi è visibile la statua della donna con le trecce di pietra posta sopra una torre nel castello in attesa dell’amato. Ancora oggi l’effige di questa ragazza con le trecce campeggia proprio nel castello di Lagopesole. Mentre il Basile girava tra le terre di Basilicata possiamo immaginare che giunse a Vaglio di Lucania antica Balium la roccaforte da cui partiva il fiume che conduceva all’oltretomba e che ispirò le narrazioni della Ninfa Egeria e della Dea Mefitis simbolo di eterna giovinezza ed è qui che possiamo suppore che collochi la fontana appunto dell’eterna giovinezza e ricchezza identificata con le acque magiche della Dea Mefitis nella zona detta Braida di Vaglio con la leggenda della ninfa Egeria trasformata in fonte dal pianto della stessa per il Re Numa. I racconti de Lo cunto de li cunti noto anche come Pentamerone vengono narrati da dieci novellatrici in cinque giorni. La prima favola della IV giornata si chiama La pietra del gallo e non è poi così sbagliato dire che la favola che ricorda Il Signore degli Anelli è una mappa per una ricerca davvero interessante poich uno dei simboli del Graal è una pietra che pare sia custodita dentro una Gallo ed ovviamente il titolo del racconto non lascia dubbi nel suppore che la località a cui si fa riferimento sia Pietrapertosa dove studi e ricerche hanno attestato la presenza dei Templari. Ci troviamo di fronte ad un caso di manoscritti perduti luoghi ancora da decifrare un mistero sopito in questa terra di Basilicata ornata da boschi sentieri sorgenti e castelli incantati.
Esistono città in Italia dove nulla è stato lasciato al caso dove tutto ciò che è visibile conserva la memoria di messaggi e fatti indecifrabili ignoti ai loro stessi abitanti. In provincia di Potenza ad una settantina di chilometri da Matera l’antica cittadina di Acerenza a 800 metri sul livello del mare è ricca di misteri che hanno richiamato l’attenzione di numerosi studiosi ma anche di turisti incuriositi dalle leggende che aleggiano su questo borgo. Senza dubbio il simbolo indiscusso del paese è la Cattedrale dedicata all’Assunta e a San Canio che si presenta in stile romanico normanno: ha una struttura così imponente che spesso Acerenza viene definita anche come Città Cattedrale. Nella sua semplicità grandiosa e severa è lunga quasi 70 metri e larga 23 con una forma a crociera di ben 39 metri 10 massicci pilastri e tre navate con transetto. Ma non sono solo bellezza ed opere preziose custodite al suo interno che incuriosiscono ma anche i molti misteri ad essa legata come quello legato alla figlia del conte Dracula che pare sia stata sepolta proprio nella Cattedrale: si tratterebbe di Maria Balsa moglie del Conte Ferrillo di Acerenza che secondo le cronache del tempo era figlia di un despota di una zona tra la Serbia e la Romania. Sulla facciata è presente uno stemma con un drago che apparteneva in quel periodo proprio alla casata del principe Vlad III. Legati al vampirismo sono anche le due creature mostruose presenti all’ingresso che mordono sul collo due ignare vittime e il bassorilievo nella cripta dove è possibile vedere il demone Lilith colui che compariva solo di notte per succhiare il sangue agli uomini. Curioso è l’uomo che dovrebbe raffigurare Dracula negli affreschi posto di spalle all’altare a simboleggiare il demone che gira le spalle a Dio. Maria Balsa una bambina orfana giunge a Napoli nel XV accompagnata da Giorgio Castriota Scanderberg alla corte di Ferdinando d’Aragona. Qui cresce e viene data in sposa a Giacomo Alfonso Ferrillo conte di Muro Lucano e signore di Acerenza. Nel 1524 i coniugi Ferrillo Balsa ordinano la ristrutturazione della cattedrale di Acerenza facendo edificare al suo interno una piccola e misteriosa cripta. In questa cripta Maria di Balsa ha deciso di svelare il suo segreto. In realtà Maria di Balsa arriva a Napoli come orfana ma non si ritiene che ciò sia vero. Si suppone che lei appartenesse alla famiglia di Vlad III chiamato Draculea da cui poi derivò Dracula. Il padre Vlad III dopo aver ucciso e perseguitato circa 40.000 sassoni venne considerato nemico della chiesa. Stante infatti la scomunica di Vlad Maria non avrebbe mai potuto indicare tale discendenza in un paese cattolico o si sarebbe vista di conseguenza privata dei sacramenti della possibilità di contrarre matrimonio e della stessa protezione che tanto le occorreva. Quando si giunge ad Acerenza si è subito colpiti dalla maestosità e imponenza della cattedrale. Si nota subito un grande emblema un grande stemma che unisce lo stemma dei Ferrillo a uno stemma che in realtà è un drago. Il drago è un simbolo importante perch riconduce all’Ordine del Drago un patto di mutuo soccorso militare e familiare. Vlad Tepes insieme ad altri principi ed Alfonso d’Aragona era uno degli elementi principali tanto da adottarne sia il simbolo che il nome. Vlad III muore giovane nel 1476 proprio durante una battaglia ed è lecito pensare ad una adozione della figlia da parte del Re di Napoli in virtu’ del citato accordo che per gli stessi motivi da asilo a Scandeberg. Ma all’interno della cattedrale ci soni anche altri indizi che ci riconducono a Dracula come l’affresco dell’ Adorazione dei Magi di Giovanni Todisco nel quale Maria Balsa compare nei panni della Vergine. È una natività e da notare è il manto del più anziano dei Magi molto particolare in quanto i fregi classici vengono riportati anche sui manti relativi dei voivodi della zona della Valacchia una regione della Romania. Da notare anche nell’affresco il medaglione della Madonna una spilla d’oro grande con al centro un rubino. Questa spilla ha la forma di una stella. La stella è un altro simbolo che ci riporta direttamente a Vlad che la scelse come simbolo quando proprio nell’anno del passaggio della Cometa di Halley divenne despota. Infatti nell’iconografia classica Vlad si vede spesso con un copricapo sormontato da un rubino da una stella e da una piuma proprio a simboleggiare il passaggio della cometa. Infine un altro elemento che ci richiama Dracula è l’immagine di Sant’Andrea patrono della Romania. La domanda che ci si pone è come mai proprio la raffigurazione di un santo appartenente alla sfera dei transilvani sassoni? La risposta è da ricercarsi nelle altre rappresentazioni nelle quali Dracula viene rappresentato come il persecutore di Sant’Andrea. Basandoci su questi elementi Maria di Balsa sembrerebbe effettivamente la figlia di Vlad III. Negli ultimi anni un team di studiosi ha notato qualcosa di strano e alquanto inusuale nella tomba dei Ferrillo nel chiostro di Santa Maria della Nova a Napoli. Simboli e bassorilievi in parallelo al duomo di Acerenza riconducono ancora a Vlad Tepes. In questa tomba compaiono un drago e dei delfini chiari simboli della Drobugia la regione in cui Vlad sconfisse i Turchi. Alla luce di questa scoperta ci si è interrogati se è questa la vera tomba di Dracula. Proseguendo nella lettura del grifo si legge un drago due sfingi contrapposte e dei papiri cioè: drago Tepes perch proprio la città di Tebe o Tepès veniva indicata con due sfingi contrapposte. I papiri chiusi invece indicano una verità nascosta. Quindi questa lastra ha rivelato a questi studiosi che lì c’è una verità nascosta ma che compatibilmente con il simbolo superiore potrebbe effettivamente indicare la presenza di Vlad III. Questa tomba è circondata anche da un altro mistero: la misteriosa iscrizione che nessuno riesce a tradurre. Su questa iscrizione al momento si può solo asserire che non ha alcun significato reale in nessuna delle lingue fino ad oggi conosciute infatti non si è ancora individuata la lingua di origine. La storia ufficiale racconta invece che Vlad III muore nel 1476 in battaglia e il suo corpo non fu mai ritrovato. La nostra storia invece parla di una figlia che riscattato il padre prigioniero lo condusse con s a Napoli dove è morto ed è stato sepolto in gran segreto.